Il giorno prima Rei faceva parte di una famiglia. Magari non la migliore delle famiglie, ma si sa che i cani hanno quell’incredibile dono di perdonare. Perché riescono a sentire dentro di loro quel senso di appartenenza che spesso non appartiene neanche più agli umani. Ma poi arriva quel giorno, quel giorno dopo, dove quella persona che lui guarda con amore e da cui si aspetta amore, decide di abbandonarlo. Oggi lo si chiama “rinuncia di proprietà”, ma la differenza rispetto all’abbandono sta nel fatto che almeno quel quattrozampe viene portato in un canile e non lasciato al suo destino, spesso fatale, in una strada isolata.
Rei, quel giorno dopo, si è ritrovato, ancora cucciolo con neanche un anno di vita, chiuso in un box: il proprietario ha detto che non poteva più prendersi cura di lui e l’ha lasciato in canile.
Lì, sebbene i volontari abbiano fatto di tutto per aver cura di lui, è innegabile che lo choc sia pesante. Una recente ricerca ha evidenziato che nei primi 12 giorni lo stress dei cani è molto elevato, ma non è da stupirsi se questo continua anche ben oltre quel periodo. Perché l’abbandono, senza poter riceverne o capirne la motivazione, è una coltellata dritta al cuore. E così Rei inizia a stare male, inizia a non mangiare, ad accusare malesseri fisici come enterite, diarrea, dolori e dopo una terapia è purtroppo morto nel giro di qualche giorno. Non ha retto all’abbandono, si è sentito tradito e ha perso le ragioni di vivere.
Questa storia ci ricorda che anche l’abbandono legalizzato è un abbandono. L’Oipa, l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa), lo rappresenta bene nella campagna anti-abbandoni di quest’anno: un’immagine con due metà di un muso, quella di un cane amato, sereno su cui campeggia la scritta “M’ama” e quella di un animale triste, senza speranza, per il quale la casa e la famiglia sono solo un lontano ricordo intitolata “Mi amava”.
«Dopo i lunghi mesi di lockdown, nei quali gli animali domestici sono stati una fedele presenza al nostro fianco, c’è il rischio che al venire meno delle restrizioni qualcuno si disfi impietosamente del proprio familiare a quattrozampe condannandolo alla solitudine, alla tristezza e talvolta agli stenti – afferma il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto – . Le nostre guardie zoofile e i nostri volontari sono presenti in tutta Italia per soccorrere anche questi sfortunati animali».
Non sono numeri da snocciolare, ma nomi, emozioni, sofferenze di un essere vivente che non ha alcuna colpa. Anche per questo le associazioni animaliste raccomandano sempre che nel caso di sopraggiunte difficoltà nel gestire i propri animali domestici, è sempre bene chiedere aiuto ai volontari e alle guardie zoofile di zona, proprio per non arrivare al crudele gesto dell’abbandono in canile o, peggio, al reato dell’abbandono sul territorio, fattispecie punita dall’articolo 727 del Codice penale.
Un gesto di civiltà che tutti noi dovremmo considerare, in memoria del piccolo Rei.
dal web
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